mercoledì 1 maggio 2013

Mi chiamo Sam


di Maurizio Vichi:
Mi accingo a vedere per l’ennesima volta questa pellicola del 2001, che tra le altre cose ha vinto il premio Oscar, certo tanti storceranno il naso perché è un film per chi ha voglia di piangere, ma invece, per me, che sono un inguaribile romantico e sono per l’integrazione delle persone con Disabilità, trovo che questo film sia di alto spessore e con enormi spunti per parlare di sentimenti veri .
La trama di questo film, narra di un padre, Sam Dawson (impersonato da Sean Penn) con una figlia: Lucy (Dakota Fanning). La madre li ha abbandonati subito dopo la sua nascita ed ora Sam deve crescerla da solo. Certo sarebbe una difficile prova per qualsiasi padre, ma lo è ancora di più per Sam che ha il quoziente intellettivo di un bimbo di 6 anni. Nonostante tutto, e grazie all'amore che nutre per la sua piccola, oltre all'aiuto della sua vicina Annie (Dianne Wiest ), riesce nell'impresa. Una vita felice fatta di cose semplici, ma vere.
Dietro l'angolo, però, c'è la realtà della legge: un uomo come Sam non può crescere una bambina perché non è in grado di offrirgli il supporto di ciò che ha bisogno e quindi la bambina sarà data in affidamento ad una famiglia "normale". Sam non è disposto a rinunciare alla figlia per nulla al mondo, la sua Lucy ed anche i suoi amici, “molto particolari”, sono pronti a supportarlo, quello che ora gli serve è un avvocato, un buon avvocato, magari quello che ha il miglior annuncio sull'elenco telefonico: Rita Harrison (Micelle Pfeiffer ). Rita però non può certo aiutare uno come Sam, che vive con lo stipendio di garzone di caffetteria, lei che guadagna cifre a cinque zeri, ma a volte, magari per una semplice scommessa può accadere l'incredibile, oppure come davvero a succede in America, gli avvocati accettano “pro bono” di aiutare persone meno abbienti.
La pellicola, diretta magistralmente da Jessie Nelson, risulta un po’ lunga. L'intento principale è chiaramente quello di toccare, profondamente, le corde emotive dello spettatore, scatenando pianti a più non posso. La figura di Sam sembra creata appositamente allo scopo con la sua difficoltà di comunicare ed i mille problemi a cui va incontro. Va detto che a dispetto del lato lacrimevole, vengono comunque affrontati argomenti importanti: come, per esempio, l'esplorazione dei legami familiari, o come anche l'opportunità che un giudice divida due persone non in base all'amore che le lega, ma alle supposte capacità di crescere un figlio ed infine l'incomunicabilità di alcuni genitori per la mancanza di tempo e di pazienza, da dedicare ai loro figli.
Personalmente, ho trovato questo film molto toccate, forse per il fatto che un padre non l’ho avuto, e se avessi avuto la fortuna di conoscerlo certamente avrei desiderato che fosse dolce ed affettuoso come “Sam”, che nella finzione cinematografica è sapientemente interpreto ed impreziosito da Sean Penn.
In ogni caso il film meriterebbe una visione se non altro per la prova degli attori; oltre a Penn c'è la stupefacente Dakota Fanning nel ruolo di Lucy ed il gruppo di amici "speciali" di Sam sorprendenti nella loro semplicità. Michelle Pfeiffer dipinge una perfetto avvocato in carriera con tutte le sue nevrosi ed i suoi tic, ma allo stesso tempo riesce poi, durante l'arco della storia, a restituirci una donna diversa più consapevole dei valori della vita tanto che alla fine ci viene da chiederci chi abbia guadagnato di più dal rapporto cliente avvocato lei o Sam.
Regia semplice, munita di una grande colonna sonora dei Beatles.
La frase simpatica : "Gli scarafaggi vivono da soli o in gruppo e se in gruppo cosa fanno?"
"Fanno i Beatles"
Il cadeau: il nome "Sam" per il protagonista è stato preso dal libro "Pomodori Verdi al Prosciutto del Dottor Suess" che Sean Penn legge continuamente alla figlia per farla addormentare.

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