mercoledì 14 marzo 2012

L'integrazione funziona nei due sensi di marcia


Sono stufa di collezionare le gaffes dettate da non si capisce bene quale causa (ignoranza? Goffaggine? Maleducazione? Sbadataggine? Insensibilità?) delle persone che si relazionano con mio figlio.
Se poi questa persone possiedono un qualche tipo di specializzazione, perchè per lavoro stanno a contatto con le persone disabili, a maggior ragione l'irritazione sale e si fatica a giustificare certe gaffes.
All'inizio cerchi di glissare, magari riesci anche a farci la battuta, perchè sei perfettamente conscia che ciò che per te è scontato per gli altri non lo è, ma con l'andar del tempo ti chiedi perchè questo immedesimarsi negli altri non funzioni anche nella tua direzione. 
'E strabiliante come viene concepito chi sta sulla carrozzina e magari assomma più disabilità, non è più una persona, un bambino, diventa parte dell'arredo, al punto che non è necessario nemmeno salutarlo. Ma questo sconcertante trattamento è riservato a qualsiasi tipo di persona disabile.
Ho provato a cercare sul web qualcosa che possa aiutarci per andare in soccorso dei gravemente normodotati, quando si trovano di fronte alla disabilità, e ho trovato questo bell'articolo che vi riporto integralmente, preso da qui; è ora che anche gli altri vengano verso di noi, che qualche sforzo lo facciano perchè noi siamo stufi di farli anche per loro. 
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"Durante una giornata si ha la sensazione di incontrare molte persone disabili ma in realtà l’incontro con una singola persona è così coinvolgente che ci sembra di averne vista più di una.
Quando per strada incontriamo una persona disabile si hanno svariate sensazioni personali, pietà, empatia, ammirazione, indifferenza; qualcuno di noi potrebbe essere d’aiuto, altri addirittura ingiusti verso la persona.
Le relazioni interpersonali variano molto; il nostro comportamento è dettato dalle nostre esperienze passate, dai nostri valori, dalla nostra educazione, dalla nostra sensibilità ed anche dalla situazione in cui ci troviamo in quel momento.
Capita frequentemente che durante delle conversazioni interpersonali le nostre emozioni interiori prendano il sopravvento, spingendoci a comunicare con gentilezza o con maleducazione, oppure ci si sente scomodi o ridicoli, ma raramente ci comportiamo in modo naturale.
Il primo incontro con una persona disabile di solito non e' facile; e' molto comune sentirsi a disagio, in quanto è difficile prevedere come la persona disabile, o meglio la sua disabilità, possa farla reagire o comportarsi in quella situazione. Per esempio, un bambino autistico potrebbe cominciare a piangere o gridare in un momento laddove un bambino “normale” non lo farebbe e questo per una persona che si avvicina alla disabilità per la prima volta può essere sconcertante.
Tuttavia tempo, pazienza e comprensione sono le qualità chiave che una persona nuova al mondo della disabilità deve possedere per avvicinarsi e capire questo “nuovo mondo”.
Nelle mie esperienze personali ho notato che le emozioni interpersonali più comuni che una persona disabile suscita nelle persone che non hanno familiarità con questo mondo, sono paura, vergogna e impotenza; non è facile per una persona disabile interagire con altre persone, specialmente per quelle che hanno una disabilità sensoriale. Nel loro caso le conversazioni possono essere molto più lente; se la persona udente non conosce il linguaggio dei segni che la persona "non udente" parla è necessaria la presenza di un interprete e la presenza di quest’ultima può provocare disagio in quanto la conversazione a quel punto non è più a due ma a tre.
La gente spesso non si rende conto che la verbalizzazione è solo uno dei tanti e diversi modi di comunicare e si aspetta che la persona disabile e la sua interprete siano sempre disponibili a soddisfare la loro curiosità sul tipo di linguaggio dei segni da loro usato.
Nella stragrande maggioranza dei casi la persona disabile e la sua interprete sono persone pazienti e rispondono a queste domande, comunque non credo che pazienza e gentilezza va data per scontata da parte loro, le persone disabili hanno anche loro emozioni e sentimenti, giornate sì e giornate no.
Tutti noi abbiamo diversi “rumori interni” come per esempio ansia, mal di testa, febbre e stress; questi rumori interni possono interferire con il nostro comportamento in situazioni specifiche. Naturalmente anche le persone disabili hanno rumori interni, l’unico problema è che le persone “comuni” spesso hanno difficoltà a capire o percepire quale di questi rumori sta vivendo in quel momento il disabile.
Esistono diversi “rumori esterni” come per esempio una luce abbagliante, un forte rumore stradale, una giornata molto fredda, ecc. Una persona disabile registra i rumori esterni in modo diverso rispetto ad una non disabile ed inoltre la percezione e la reazione allo stimolo dipenderà dal tipo di disabilità.
L’attenzione selettiva dei non disabili è sostanzialmente diversa da quella di un disabile; se io vedessi una forte luce rossa davanti a me la mia attenzione cadrebbe sicuramente su di essa, però la stessa luce non avrebbe nessun effetto su una persona non vedente.
Contrariamente, l’attenzione di una persona non vedente potrebbe essere catturata da un delicato profumo di gelsomino nel bel mezzo di una strada urbana, profumo che forse a un non disabile sfuggirebbe totalmente perchè troppo leggero.
Le persone “comuni” difficilmente si ricordano se un edificio, un ristorante o un ufficio pubblico sono accessibili per le sedie a rotelle, ovviamente chi ha questa necessità lo ricorderà facilmente.
Talvolta la gente quando incontra una persona disabile ha l’impulso di dire qualcosa anche se non la conoscono:

”All’improvviso la nostra vita diventa di dominio pubblico e tutti “sanno” cosa ha causato il problema. Amici e, persino superficiali conoscenze, si sentono in diritto di esprimere le loro opinioni sulle cause e sui rimedi. Se avete un figlio disabile, è ovvio che avete bisogno di tutti i consigli possibili, indipendentemente da quanto male informati possano essere chi ve li dà” (Maurice, 1993 Let Me Hear Your Voice. pg. 75)

Gli stessi professionisti del settore sanno ancora poco di alcune disabilità, come l’autismo, il ritardo mentale, i disordini comportamentali e stanno ancora cercando di trovare nuove metodologie per poter comunicare con loro; è quindi comprensibile se la società non sa come comportarsi con un bambino\a speciale.
Ci sono alcuni aspetti del rapporto tra persone normali e disabili che vorrei migliorare, cambiare o chiarire. Credo che sia gli adulti che i bambini disabili, abbiano bisogno di ottimi professionisti che li accompagnano nelle loro vite; inoltre hanno bisogno che le istituzioni pubbliche e private provvedano ad informare, ad istruire ed aiutare le loro famiglie affinchè quest’ultime siano in grado di dare il miglior aiuto, amore e supporto ai loro figli disabili.
Credo che un bambino disabile, soprattutto nei primi anni, abbia bisogno di insegnanti altamente specializzati ancor di più di un bambino normodotato, infatti il primo ha molte più difficoltà nell’interagire con il mondo esterno.

”Non sappiamo cosa dire. Ci vengono a mancare le parole. Le nostre vite hanno le loro difficoltà e i loro dolori. Se vediamo povertà, cerchiamo almeno di aiutare dando dei soldi, pur sapendo che quei soldi non faranno molta strada. (Maurice, 1993, Let Me Hear Your Voic. pg. 161)

E’ difficile avvicinarsi a ciò che non conosciamo; per capire e per imparare a comunicare con una persona disabile dobbiamo provare attivamente a calarci dentro la loro sensibilità e come è ben noto, non è assolutamente facile far propri i problemi degli altri.
La motivazione per questo tipo di comportamento non è dovuta solo a puro egoismo, talvolta quando capiamo che non possiamo fare niente per “aggiustare” la vita di qualcuno, ci sentiamo impotenti, ma forse, capire questa cosa, è il primo passo verso l’essere veramente d’aiuto per qualcuno....."

Carolina Amelio, 2000

1 commento:

Maria Grazia Fiore ha detto...

http://tinyurl.com/7fyt3p2