lunedì 10 ottobre 2011

Il grado di civiltà di un Paese


di mresciani:
Sabato 8 ottobre ho partecipato al convegno "CAREGIVING FAMILIARE E DISABILITA' GRAVISSIMA".
C'è stata la presentazione del libro omonimo, libro nato da una ricerca di Cecilia Maria Marchisio e Natascia Curto sul territorio Torinese.
A seguire si è aperto un dibattito su tale argomento. Per la maggior parte delle famiglie il carico dell'accudimento di un disabile gravissimo grava quasi sempre sulle donne.
Ancora esistono delle donne che vivono questa condizione nell'isolamento e, psicologicamente, lo vivono malissimo.
Per questo abbiamo parlato delle rete che deve sostenere chi sostiene il disabile, sia in modo materiale che psicologico.
Abbiamo parlato della  L.162 che, nella nostra realtà sarda, è un modello unico in Italia.
La sua progettazione e la scelta delle persone che devono aiutare il disabile è  affidata al gradimento della famiglia, questo dà più sicurezza perchè i familiari decidono come investire i soldi erogati per portare benessere al disabile.
Abbiamo potuto constatare quanto costi, economicamente, portare un disabile grave in Istituto.
Indipendentemente dal fatto che sia accudito in tutti i suoi bisogni in Istituto, però, nell'ambito familiare il disabile ha comunque una sua collocazione nel contesto del nucleo. Vive dentro le mure domestiche e partecipa a tutto ciò che avviene in famiglia, sente le voci dei suoi cari e ciò che succede lo avvolge e lo rende partecipe. Può a causa della disabilità non riuscire sempre a comunicare però, psicologicamente, si sente a suo agio perchè è a casa sua e perciò, è tranquillo e protetto dai suoi cari (non so se riesco a spiegarmi).
Riflettevo appunto su questo ultimo aspetto, perchè in questi ultimi mesi in famiglia abbiamo avuto la necessità di ricoverare una persona carissima in Istituto.
Pur constatando che il familiare è accudito in tutto e per tutto (vorrei vedere il contrario, pagando 1.900 euro al mese), abbiamo appurato che le manca la componente della famiglia d'origine. Pur andando a trovarla, la persona soffre moltissimo questa condizione istituzionalizzata e, cognitivamente, ha perso tantissimo!
Dunque la società deve venire incontro alle famiglie per aiutarle: non ci sono nè "ma"  e nè "se", per giustificare sempre i tagli che si fanno sul sociale.
I nostri cari disabili fanno parte di questa società e qualunque società che si reputi civile DEVE, ripeto, DEVE prendersi cura delle persone più deboli.
Solo dando risposte a questi bisogni si deduce il grado di civiltà di una nazione.
Ajò.............che qui in Italia c'è parecchio da lavorare!

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